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LA DIETA ANTINFIAMMATORIA

  • 16 min read

La dieta antinfiammatoria è un regime alimentare in grado di contrastare l’infiammazione cronica sistemica, principale responsabile dell’insorgenza delle patologie croniche del nostro secolo


 

Quando si parla di infiammazione si pensa subito ad un’ infiammazione acuta, ovvero una manifestazione dolorosa che colpisce un distretto specifico del nostro organismo (es. un mal di gola, un mal di testa).

È un meccanismo naturale ed innato che il nostro corpo mette in pratica per far fronte ad un “evento infettivo, virale o batterico, traumatico o tossico, di origine esogena o endogena”.

È riconosciuto come un evento positivo e benigno per il nostro organismo, la cui funzione è richiamare cellule del sistema immunitario, preposte alla sorveglianza ed alla protezione, ad attaccare e distruggere gli agenti perturbanti, ripulire le cellule danneggiate e riparare i tessuti fino a ripristinare l’equilibrio o, perlomeno, a ridurre al minimo il danno.

Il discorso cambia quando parliamo di “infiammazione cronica sistemica” (ICS)nota anche come infiammazione cronica sistemica di basso grado o chronic low-grade inflamation.

La comunità medico scientifica definisce l’infiammazione cronica sistemica come l’nsieme dei processi cellulari che sottendono l’insorgenza delle principali malattie cronico degenerative”, un meccanismo insidioso e silente che riguarda una fetta sempre più ampia di popolazione.

I quadri clinici più comuni, risultato dell’avanzamento dell’infiammazione cronica sistemica, sono:

  • obesità
  • cancro
  • patologie metaboliche quali diabete di tipo 2 e dislipidemie (es. colesterolo elevato,
    ipertrigliceridemia)
  • patologie cardiovascolari (es. ipertensione, infarto acuto del miocardio, cardiomiopatie)
  • sindrome metabolica (es. ipertensione + glicemia elevata + ipertrigliceridemia + bassi
    livelli di HDL + eccesso di grasso addominale)
  • patologie dell’apparato gastro-enterico (es. morbo di Crohn, sindrome del colon irritabile
    – IBS)
  • patologie neurodegenerative (es. morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi
    multipla)
  • patologie autoimmuni (es. tiroiditi, psoriasi, fibromialgia, artrite reumatoide)
  • depressione e disturbi dell’umore
  • infertilità
  • allergie, intolleranze, dermatiti, cellulite, emicrania, asma bronchiale ecc.

Le cause principali della larga diffusione dell’ICS sono da ricercare negli stili di vita errati occidentali ed in particolar modo ad:

  • diete ricche di zuccheri semplici, farine raffinate, glutine, proteine animali, grassi saturi e omega 6, spesso ipercaloriche  (con un’eccessiva assunzione di calorie giornaliere)
  • scarsa attività fisica e tendenza alla sedentarietà
  • abuso di farmaci (es. antibiotici)
  • esposizione ad inquinanti ambientali (es. fumo, pesticidi)
  • stress psico-emotivi prolungati
  • alterazione dei ritmi fisiologici (es. insonnia).

Stili di vita così caratterizzati, protratti per mesi o anni porta gradualmente all’instaurarsi di uno stato infiammatorio cronico con sintomi tipici, spesso ignorati o, al contrario, sottostimati ed associati al fisiologico processo d’invecchiamento. I sintomi più comuni sono:

  • malessere generale
  • dolori articolari
  • astenia (costante sensazione di debolezza/stanchezza)
  • difficoltà di concentrazione
  • sonnolenza diurna
  • insonnia notturna
  • gonfiore addominale
  • alterazioni del transito intestinale
  • intolleranze alimentari.

Senza entrare troppo nel dettaglio dei meccanismi biochimici, è bene sottolineare come l’infiammazione cronica sistemica si instauri a partire da un’alterazione del nostro intestino. L’organo riconosciuto come il nostro secondo cervello rappresenta la più ampia interfaccia del nostro organismo con il mondo esterno, le cui funzioni principali, mediate da sofisticati meccanismi, sono l’assorbimento dei nutrienti ed il blocco del transito e la conseguente eliminazione di molecole potenzialmente nocive.

È l’organo nel quale risiede l’80% del sistema immunitario ed il microbioma intestinale“un organo nell’organo”. Localizzato soprattutto nel colon e dal peso di circa un chilogrammo, il microbioma è un grande ecosistema costituito da migliaia di miliardi di microrganismi con i quali viviamo in uno stretto rapporto di mutualistico scambio. Attraverso la dieta forniamo al microbioma i substrati nutritivi necessari alla sua proliferazione ed, in cambio, la comunità di microrganismi:

  • scompone ed elabora diversi residui alimentari (come fibre e composti proteici) e produce sostanze come gli acidi grassi a catena corta (short chain fatty acids – SCFA) che rappresentano la principale fonte di nutrimento per le cellule del colon
  • produce vitamine
  • scompone farmaciagenti cancerogeni
  • contrasta la proliferazione di batteri patogeni
  • contribuisce allo sviluppo e alla maturazione del sistema immunitario, tenendolo in costante allenamento.

Un equilibrio naturalmente ben strutturato ma estremamente fragile e facilmente alterabile. Un
microbioma alterato è un microbioma nel quale si creano le condizioni di proliferazione ottimali
per microrganismi patogeni, ovvero microrganismi che normalmente sono presenti in piccole
concentrazioni ma che appena si creano le condizioni ottimali iniziano a riprodursi in modo
esponenziale. Tali microrganismi producono una serie di sostanze tossiche in grado di indebolire il
sistema immunitario che finisce per “impazzire”, generando una serie di reazioni caotiche che si
ostacolano vicendevolmente e che culminano con un danneggiamento dell’epitelio intestinale.
L’alterata integrità dell’epitelio intestinale causa:

  • il malassorbimento di elementi essenziali, con relativa carenza organica (Vitamina B12, Vitamina D, magnesio, ferro ecc.)
  • il riassorbimento di esotossine ed antigeni alimentari
  • il riassorbimento di sostanze tossichedovuto al ristagno di rifiuti alimentari,
  • il passaggio di molecole pro-infiammatorie tra i quali i radicali liberi nel circolo sanguigno, e la conseguente migrazione nei vari distretti dell’organismo.

 

L’alterazione della permeabilità intestinale prende il nome di “Leaky gut syndrome” o “sindrome da intestino gocciolante”. Il termine non indica una lacerazione della membrana intestinale (come invece avviene nella rettocolite ulcerosa o nel morbo di Chron), ma un cedimento strutturale della barriera che questa membrana rappresenta. L’insieme di questi meccanismi generati dall’alterata permeabilità intestinale avviano il processo di infiammazione sistemica cronica.

Qualora i sintomi non siano evidenti o non si abbia la piena consapevolezza di riuscire a cogliere i segnali che il nostro corpo è in grado di inviare,  e si voglia valutare la gravità dello stato infiammatorio, è
possibile con un prelievo di sangue dosare alcuni parametri ematici quali:

  • PROTEINA C REATTIVA (PCR): è una proteina prodotta dal fegato che funge da marker biologico stabile per la rilevazione dell’nfiammazione in una fase precoce.
  • INSULINA: oltre ad essere campanello d’allarme per resistenza insulinica e pre-diabete, valori d’insulina superiori a 10 uIU/ml rappresentano un indice di stato infiammatorio sistemico silente.  L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas in risposta all’assunzione di cibo che permette un’adeguata distribuzione di glucosio nelle cellule tissutali. La quantità di insulina prodotta è direttamente proporzionale alla quantità di carboidrati ingeriti ed in particolare alla concentrazione di glucosio nel sangue (maggiore è la quantità di zuccheri semplici introdotti durante un pasto – con alto indice glicemico – e maggiore sarà il picco d’insulina).
  • OMOCISTEINA: è un aminoacido che, quando supera i valori di riferimento, si associa a un quadro infiammatorio grave e ad un rischio significativamente aumentato di patologie cardiovascolari (è un indice predittivo di infarto e ictus di gran lunga superiore al colesterolo), osteoporosi e patologie neurodegenerative.

  • CORTISOLO:  è “l’ormone dello stress”, prodotto in risposta ad uno stress acuto (es. un esame, un colloquio di lavoro, un pericolo), è sempre molto elevato nei soggetti stressati cronici o sotto tensione continua. Risulta essere pericoloso in caso di stress cronico,
    poiché inibisce la risposta immunitaria e attiva la produzione di molecole proinfiammatorie.
  • RAPPORTO omega6/omega3 o ACIDO ARACHIDONICO/ACIDO EICOSAPENTAENOICO (rapporto ω6/ω3 o AA/EPA) : è il rapporto tra la quantità di acido arachidonico (AA) e acido eicosapentaenoico (EPA) presenti nelle membrane cellulari. L’AA è il capostipite dei grassi omega 6 (proinfiammatori), mentre l’EPA è il capostipite e la forma attiva degli omega 3 (antinfiammatori). Il rapporto ottimale (4:1) è “1,5” che corrisponde al valore riscontrato nella popolazione giapponese, quella più longeva al mondo (gli americani hanno un valore medio di 11). Un rapporto AA/EPA troppo elevato indica un livello infiammatorio elevato.

Ignorare i sintomi o sottovalutare parametri ematici alterati significa accelerare l’invecchiamento
cellulare ed aprire la strada all’insorgenza delle patologie croniche precedentemente accennate.

Ricorrere ad antinfiammatori (aspirina, ibuprofene ecc.) dà un aiuto istantaneo ma non nel lungo periodo, tenendo conto anche degli effetti collaterali connessi all’abuso di tali farmaci.

“Esiste infatti un modo per curare quello stato di malessere generale che pervade e dal quale sembra non esserci scampo. Esiste un modo per prevenire l’insorgenza di patologie legate all’invecchiamento fisiologico. Esiste un modo per tenere sotto controllo i sintomi della patologia cronica che vi affligge, rendere il corpo più ricettivo alle cure.”

Esiste ed è la dieta antinfiammatoria.

Una dieta antinfiammatoria bilanciata sulle caratteristiche personali è in grado di:

  • ridurre lo stress ossidativo mitocondriale
  • stimolare il fegato a rigenerarsi e ripulirsi dai rifiuti metabolici
  • modulare il rilascio dei mediatori dell’infiammazione (es. prostaglandine, citochine)
  • inibire l’azione dei radicali liberi
  • modulare la risposta ormonale
  • favorire la perdita di pesoove necessario.

La perdita di peso è estremamente importante per amplificare il processo antinfiammatorio della dieta. Il tessuto adiposo è infatti un organo endocrino che rilascia molecole bio-attive note come adipochine in larga parte ad attività pro-infiammatoria.

Una dieta antinfiammatoria si costruisce puntando sulla riduzione dell’assunzione di alimenti pro-infiammatori e sull’aumento alimenti anti-infiammatori.

Tra gli alimenti antinfiammatori è importante privilegiare:

  • FRUTTA E VERDURA: rigorosamente di stagione, di tutti i colori ed, ove possibile, km “0” e biologica. Oltre ad essere una grande fonte di fibra e minerali, un vegetale coltivato senza l’impiego di pesticidi o selvatico (es. frutti di bosco, cicoria, tarassaco) contiene elevate quantità di antiossidanti – carotenoidi, polifenoli, catechine, isocianati, vitamina C e vitamina E – in grado si ridurre i radicali liberi. Inoltre,assumendo i vegetali freschi abbiamo la possibilità di fornire al nostro organismo i cofattori vitaminici e minerali utili alla produzione dei nostri antiossidanti endogeni (es. superossido dismutasi, il glutatione, il coenzima Q10) che scarseggiano in presenza di un’infiammazione cronica sistemica.
  • CEREALI INTEGRALI: in chicco o sottoforma di farina, preferendo i cereali antichi recentemente rivalutati, alternando quelli con glutine (frumento, farro, orzo, segale) e quelli senza glutine (riso, mais, avena, grano saraceno, quinoa, amaranto e miglio). Garantiscono stabilità glicemica ed impediscono i picchi insulinici, oltre ad aumentare il transito intestinale e fornire un substrato di crescita per il nostro microbioma “sano”.
  • LEGUMI: ceci, lenticchie, fagioli, piselli, lupini ma anche soia (e derivati – tempeh e tofu-) rappresentano le cosiddette proteine vegetali, fonte di fibra, acido folico e minerali come magnesio, ferro, zinco e potassio. Da preferire quotidianamente alle proteine animali (carni fresche e trasformate – salumi ed affettati – latte, formaggi ecc.)
  • Fonti di OMEGA 3: come precedentemente accennato, la valutazione del rapporto ω6/ω3 è un ottimo indicatore del grado di infiammazione cronica sistemica. In una dieta antinfiammatoria, aumentare notevolmente il consumo di omega 3, sbilanciando notevolmente il rapporto ω6/ω3, significa favorire la produzione di prostaglandine e leucotrieni a sostegno delle reazioni antinfiammatorie. Perciò via libera a:
    • FRUTTA SECCA e SEMI:in particolare noci e semi di lino (ed olio di semi di lino spremuto a freddo) rappresentano una fonte di proteine, fibra alimentare, grassi monoinsaturi e omega-3, acido eicosapentaenoico (EPA), acido docosaesaenoico (DHA) e acido alfa linolenico(ALA). Non fermatevi alle tante calorie: una porzione di 20-30 g è indicata quotidianamente all’interno di un regime alimentare equilibrato.
    • ALGHE: ottima fonte di omega 3 (meglio se di origine europea).
    • PESCE: se gradito, pesce azzurro selvatico di piccola taglia ( alici, sogliole, sarde, acciughe, sgombri ecc.) 2-3 volte alla  settimana può essere sufficiente. Magari introducendo di tanto in tanto, del pesce crudo precedentemente abbattuto per evitare contaminazioni batteriche e garantirsi un maggior assorbimento di ω3 (estremamente termolabili).
  • OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: costituito per più dell’85% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e polinsaturi (acido linoleico ω6 e acido α-linolenico ω3), l’olio extravergine vanta molte micro-molecole essenziali come le vitamine liposolubili, i tocoferoli ed il β-carotene,  dall’alto potere antinfiammatorio, come fitosteroli e polifenoli. Meglio se aggiunto “crudo” dopo la cottura e senza esagerare (ogni cucchiaio di 10 g equivale a circa 100 kcal).
  • TÉ VERDE: ricchissimo di epigallocatechine, potenti antiossidanti, soprattutto se in foglie sfuso.
  • CIOCCOLATO FONDENTE: ricco di antiossidanti, ma deve essere fondente almeno al 70% e di buona qualità. Agli estimatori, consiglio di provare le fave di cacao crude tostate.
  • SPEZIE ED ERBE AROMATICHE: un prezioso supporto antiossidante da usare in cucina, riducendo il consumo di sale. Per le erbe aromatiche alternare quelle fresche da vaso a quelle essiccate (es.origano, rosmarino, basilico, prezzemolo, salvia). Preferire quelle confezionate biologiche e non sfuse (sulle quali spesso non si hanno garanzie di contaminazione e di purezza ). Via libera anche a spezie di tradizione orientale ma che continuano a trovare grande spazio nella cucina mediterranea per il loro potere antiossidante quali zenzero, cannella e curcuma.

Tra gli alimenti pro-infiammatori, da limitare ed evitare:

  • ZUCCHERO: bianco, di canna o grezzo integrale cambia poco. Sempre di un prodotto dall’alto indice glicemico si tratta,  a rapido assorbimento e dal grande potere infiammatorio. Da limitare.
  • CEREALI RAFFINATI: in chicco (perlati) o sottoforma di farina 0 e 00 o derivati (pasta, pane e prodotti da forno) sono alimenti poveri di fibra e micronutrienti, ad alto indice glicemico e decisamente pro-infiammatori.
  • CIBI INDUSTRIALI: cibi ricchi di grassi saturi ed omega 6 – margarine, oli vegetali, olio di girasole, olio di mais, olio di soia -, zuccheri, sale, additivi, coloranti, dolcificanti, esaltatori di sapidità ecc., con un basso valore nutrizionale ed un alto potere infiammatorio. Biscotti, torte, merendine, gelati, snack, patatine, ma anche caramelle, cibi in scatola e precotti, processati o lavorati ad alte temperature quali affettati, insaccati, sottaceti e sottoli, ecc.
  • SOLANACEE e AGRUMI: in caso di un alto livello d’infiammazione sistemica cronica, tra i vegetali solanacee – peperoni, pomodori, melanzane e patate – ed agrumi – arance, pompelmi, mandarini – andrebbero limitati per il loro elevato contenuto di poliammine.
  • LATTE E DERIVATI: qualora lo stato infiammatorio sia elevato, andrebbero limitati il più possibile. Pur non innalzando la glicemia, richiedono una cospicua produzione di insulina e contengono lattosio, ormoni, fattori di crescita ecc.
  • CARNE ROSSA E CARNE PROCESSATA: l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A) e la carne rossa lavorata (insaccati e salumi) come sicuramente cancerogena (classe 1). Oltre al rischio cancerogeno, è dimostrato l’alto potere acidificante e infiammatorio, strettamente connesso sia alle quantità ingerite sia al modo con cui alcune componenti interagiscono con l’organismo ed in particolar modo:
    • la lavorazione delle carni per la loro conservazione (salumi ed affettati)
    • le modalità di cottura modificano le molecole presenti o ne generano di nuove (nitrosammine)
    • eccessiva presenza di grassi saturi e di ferro del gruppo “eme” (ad alto potere ossidante)

Se si soffre di dermatite, prurito, gonfiore addominale, manifestazioni tipiche in soggetti molto infiammati, è bene limitare anche gli alimenti ricchi di istamina e gli alimenti istamino-liberatori.

È bene prestare attenzione anche alle cotture, preferendo quelle più semplici e “dolci” (es. vapore, forno), che non depauperano gli alimenti ma ne preservano le qualità. Quindi niente temperature elevate, cotture alla brace o alla griglia o a contatto diretto con il fuoco.

Ove necessario, per potenziare l’effetto antinfiammatorio della dieta è possibile prevedere l’impiego  di integratori di qualità come dei probiotici per ripristinare l’equilibrio del microbioma e correggere le disbiosi intestinali, oppure a base di omega 3 o di antiossidanti (vitamina C, E, curcumina, selenio, carotenoidi, coenzima Q10 ecc.).

Scegliere una dieta antinfiammatoria è possibile a tutte le età, associandola ad uno stile di vita attivo che preveda:

  • della sana attività fisica di tipo aerobico (es. cammino a
    passo sostenuto, corsa, bici ecc.), puntando a coprire quotidianamente i 10.000 passi (un’ app “contapassi” sullo smartphone può tornare utile),
  • attenzione nell’assunzione di farmaci, soprattutto all’ “automedicazione”,
  • coltivare interessi personali,
  • praticare tecniche di rilassamento per combattere lo stress (es. meditazione).

La dieta antinfiammatoria, alla base di ogni mio trattamento dietetico nutrizionale, ha lo scopo di “curare”  un’infiammazione sistemica di basso grado ma anche di prevenirla. È un regime alimentare da instaurare sin dall’infanzia e consigliabile a tutti coloro i quali siano interessati al benessere del proprio corpo e vogliano prevenire l’insorgenza di malattie.

“Fa’ che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”

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